Thursday, August 20, 2009

Il più forte aspetta in silenzio

Questa sera guardavo ancora una volta i tre cani e notavo che, quando si avvicina il momento in cui il padrone prepara loro da mangiare, uno solo non si agita, non abbaia, non piange. Lui si limita ad accucciarsi e a scodinzolare.
Il padrone ha una sola scodella, dalla quale fa mangiare un cane alla volta. Mangiano per primi i due che fanno più cagnara.
Aspettando il suo turno, il terzo cane resta tranquillo. A prima vista, sembrerebbe che abbia fatto qualcosa di male, che l’attesa sia conseguenza di una punizione. Invece, lui è il migliore e il padrone lo sa.
Qualcosa del genere succede anche agli uomini. Alcuni sembrano come puniti. Ma non è così.

Tuesday, August 18, 2009

Michael O'Brien torna in libreria con "L'isola del mondo"

Il nuovo romanzo di Michael D. O’Brien, autore del bestseller «Il Nemico», sulle sofferenze della Croazia, da Tito ai nostri giorni

Tre anni di ricerche. Un anno per scriverlo. C’è un lungo lavoro alle spalle de L’isola del mondo, il nuovo romanzo di Michael D. O’Brien, lo scrittore e pittore canadese autore dei bestseller Il Nemico e Il Libraio. Pubblicato in questi giorni dalla San Paolo, nella traduzione di Edoardo Rialti, L’isola del mondo (pp. 848, euro 26) racconta l’avventurosa vita del poeta croato Josip Lasta. Un viaggio fisico e spirituale, dal vecchio continente al nuovo mondo.
Dall’armonia del villaggio in cui Josip nasce nel 1933, educato alla fede cattolica da genitori esemplari, al caos della seconda guerra mondiale e dell’avvento al potere di Tito. Scampato per miracolo alla violenza delle bande partigiane, che in poche ore gli strappano tutto ciò che ha di più caro, Josip inizia un lungo pellegrinaggio che lo porterà oltreoceano, per poi tornare a casa e ritrovare quello che sembrava perduto. Fino a scoprire che, anche nel male più estremo, c’è sempre la possibilità di conservare il proprio volto.

Davanti a una tazza di caffè a¬mericano, l’autore stesso ci pre¬senta il suo romanzo.

Perché ha scelto di raccontare le sofferenze del popolo croato?
«Per la loro dimensione profetica. Questo popolo cattolico ha ricevuto attacchi in ogni epoca e ha dovuto difendere la sua identità. Riuscendo a preservare la propria fede anche nelle situazioni più ostili, come il regime comunista di Tito. In questo senso rappresenta la battaglia che riguarda ogni credente contro la forza dell’ideologia in tutti i tempi».

Ricostruire le vicende dell’ultimo secolo in questa regione non deve essere stato semplice…
«Da subito, mi sono scontrato con diverse memorie in lotta tra loro: la versione comunista, quella dei nazionalisti serbi, quella degli storici cattolici croati. È stato un lavoro minuzioso e corale: un grosso aiuto m’è venuto dalle testimonianze di sopravvissuti serbi e croati emigrati in Canada, che m’hanno confermato molti fatti negati dalla versione ufficiale. Anche perché, vista l’importanza strategica dei Balcani dal punto di vista politico, economico e religioso, è ancora in corso una guerra di propaganda. Dove, a farne le spese, è la dignità delle persone e il loro diritto di scopri¬re la verità».

Come può un popolo conservare la sua identità, contro tutte le forze che cercano di cancellarla?
«È la questione urgente che ho cercato di esplorare. Andando al cuore del romanzo, potremmo tradurla così: come può una persona restare tale, preservando la sua dignità, in circostanze radicalmente disumane? Credo che l’unico modo sia approfondire la propria identità spirituale in Cristo. È Lui a dirci chi siamo davvero e quanto valiamo, e solo la Chiesa può comunicarcelo. L’ideologia, al contrario, in nome dell’umanità distrugge il singolo».

Come ricorda Benedetto XVI nell’ultima enciclica: «L’umanesimo che esclude Dio è un umanesimo disumano» …
«La creazione di una società giusta può solo venire dal rispetto per la dignità e il valore di ogni vita. Anche quando questa dignità è calpestata, l’uomo deve tenere davanti agli occhi la visione che siamo creati a immagine e somiglianza di Dio. È ciò che permette di restare uomini in qualunque situazione».

È quel che emerge nei capitoli ambientati a Goli Otok, l’ «Isola Calva» della Croazia trasformata da Tito in campo di concentramento.
«Il male e le ideologie feriscono l’umanità. Il cuore di ogni ideologia è sempre antropologico, contiene una concezione dell’uomo. L’ideologia materialistica, qualunque forma assuma, nega il significato intero della persona, riducendola al componente di un meccanismo. Pur non esistendo più i regimi del Novecento, quest’ideologia è ancora viva».

In che forma?
«Pensi al nostro Occidente materialista, dove s’introducono aborto e eutanasia con il pretesto di difendere la libertà dell’uomo. Ecco la frattura: si difende l’umanità, ma al tempo stesso si condanna una parte di essa ad una morte ingiusta. E lo si fa in nome dell’umanesimo. È un nuovo totalitarismo: molto soft, senza lager, ma estremamente potente. Davanti a tutto ciò noi cristiani non possiamo scendere a compromessi: siamo chiamati ad essere, come Gesù stesso, un segno di contraddizione. Un segno di verità e carità davanti al male. È l’unica via per resistere alle forze disumanizzanti dell’ordine mondiale».

Certe pagine del suo romanzo riecheggiano Solzenicyn, quando nel discorso ad Harvard nel 1978 metteva in guardia l’Occidente da un’ideologia ancor più subdola di quella al potere in Urss…
«Non è un caso. Solzenicyn attaccava la debolezza dell’Occidente davanti all’espansionismo sovietico. Ma la sua critica scendeva più in profondità: era rivolta contro la perdita di carattere morale dell’Occidente. Ecco il problema. Per questo, davanti alle sfide della nostra epoca, dobbiamo riscoprire le nostre radici. È una rivoluzione interiore, che coinvolge l’anima e il cuore di ciascuno. Dove l’arma che abbiamo, come per Josip, è una sola: il desiderio di conoscere il vero».

Fabrizio Rossi, su "Avvenire" del 22 luglio 2009

Friday, August 14, 2009

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Tuesday, August 04, 2009

Omosessualità & normalità. Colloquio con Joseph Nicolosi

Ho ricevuto duri commenti da parte di un lettore per il post sullo psicologo Gerard van den Aardweg. Questo lettore non aveva esitato ad esprimere tutto il suo disprezzo verso noi “ipocriti cattolici”, già in occasione della pubblicazione di un altro post sulla terapia riparativa di Joseph Nicolosi.
Riassumo di seguito il senso dei commenti, che poi sono tipici di ogni buon promotore dell’ideologia omosessualista.

Dato che l’omosessualità è un orientamento che ha origini genetiche ampiamente dimostrate dalla scienza [non è un’esagerazione, dice proprio così, ndr], la terapia di quegli studiosi che considerano l’omosessualità come innaturale non è scientifica, bensì ideologicamente motivata. Ora - continua il commentatore -, sempre perché omosessuali si nasce, non è nemmeno verosimile che qualcuno possa soffrire per avere tendenze omosessuali. Infatti, di fronte al caso di chi vive con forte disagio la propria omosessualità, il problema ce l’ha … l’esperto che non aiuta quella persona ad accettarsi così com’è!!! Specialista serio e competente è, invece, quello che si adopera nel persuadere che la sofferenza deriva dai condizionamenti sociali e culturali!!! Rispettando un collaudato cliché, il commentatore non risparmia bacchettate alla Chiesa, che non solo si ostina a considerare l’omosessualità come un disordine morale, ma guarda anche con favore al lavoro di “pseudo-studiosi” [sono ancora parole sue, ndr] impegnati a spiegare le cause psicologiche e familiari della stessa. In sintesi, la visione dell’omosessualità come orientamento innaturale ma reversibile è viziata da “superstizione religiosa” e incompetenza scientifica.

Le argute osservazioni del lettore si commentano da sole. Qualche risposta si può trovare in un post che scrissi più di due anni fa, nonché in quest’altro.
Mi limito qui a far notare una caratteristica che accomuna chi abbraccia l’ideologia omosessualista: il disprezzo e l’intolleranza verso studiosi e dati scientifici che vanno in direzione del tutto contraria, ancor più se questi dati scientifici si traducono in una terapia che favorisce il superamento dell’omosessualità. Detto in altri termini, i fautori dell’ideologia omosessualista vogliono mettere a tacere chi non si adegua, meglio, non si assoggetta alla loro “verità”.
Incoraggiato da tanta apertura mentale e sensibilità democratica, riporto un’intervista a Joseph Nicolosi, pubblicata, ancora una volta, su di una rivista cattolica. Il mio obiettivo, come sempre, è quello di offrire qualche stimolo di riflessione. A beneficio di chi? Bé, certamente non di chi si è convinto che l’orientamento omosessuale è faccenda biologica ampiamente dimostrata dalla scienza. Come si dice, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.

Omosessualità & normalità. Colloquio con Joseph Nicolosi
(a cura di Roberto Marchesini, su “Studi Cattolici” n. 525, novembre 2004, pp. 830 – 832)

Il dott. Joseph Nicolosi si occupa da diversi anni di terapia riparativa dell’omosessualità; è cofondatore e direttore dell’Associazione Nazionale per la Ricerca e la Terapia dell’Omosessualità (NARTH), membro dell’Associazione Psicologica Americana, autore di numerosi libri e articoli scientifici. In italiano sono disponibili i seguenti volumi: JOSEPH NICOLOSI, Omosessualità maschile, un nuovo approccio, Milano, Sugarco Edizioni, 2002; JOSEPH NICOLOSI, LINDA AMES NICOLOSI, Omosessualità: una guida per i genitori, Milano, Sugarco Edizioni, 2003. Il sito del NARTH, sul quale è disponibile materiale in italiano, ha il seguente URL: http://www.narth.com/. Roberto Marchesini ha intervistato Joseph Nicolosi per i nostri lettori.

Dottor Nicolosi, cos’è l’omosessualità?
L’omosessualità è un sintomo di un problema emotivo e rappresenta bisogni emotivi insoddisfatti dall’infanzia, specialmente nella relazione con il genitore dello stesso sesso. In altre parole: per il ragazzo che non ha avuto una connessione emotiva con il padre, e per la ragazza che non ha avuto attenzione emotiva da parte della madre, questo può indurli a sviluppare un sintomo di attrazione verso il proprio sesso, o omosessualità.

L’omosessualità è “normale”? E cosa è “normale”?
Io non penso che l’omosessualità sia normale. La popolazione omosessuale è circa il 2 %, 1.5–2 %. Perciò statisticamente non è “normale” nel senso che è molto diffusa. Oltre a questo, non è nemmeno normale in termini di natural design (1). Quando parliamo di legge naturale, e della funzione del corpo umano… quando guardiamo alla funzione del corpo umano, l’omosessualità non è normale. E’ un sintomo di qualche disordine. La normalità è ciò che adempie ad una funzione in conformità al proprio design; questo è il concetto di legge naturale – e in questo senso l’omosessualità non può essere normale, perché l’anatomia di due uomini, i corpi di due uomini, o due donne, non sono compatibili.

Quali sono le cause dell’omosessualità? Ed esiste una causa genetica?
Come ho detto, le cause dell’omosessualità risalgono all’auto-percezione del bambino o della bambina nella prima infanzia. Il ragazzo ha bisogno di un legame con suo padre per sviluppare la sua sostanziale identità maschile, la ragazza ha bisogno di un attaccamento emotivo o legame con sua madre per sviluppare la sua femminilità. E’ il senso di genere che determina l’orientamento sessuale; in altre parole, quando un ragazzo si sente sicuro della sua mascolinità, è naturalmente attratto dalle femmine. E la stessa cosa è vera anche per le femmine: quando una giovane ragazza si sente sicura della sua identità femminile, sarà naturalmente attratta dai ragazzi. L’omosessuale è la persona che è carente o mancante nel senso di genere, e perciò cerca di rimediare, o cerca un rimedio attraverso altre persone. Questa spinta diventa sessualizzata, ecco perché essi manifestano il sintomo dell’omosessualità.
Si fa un gran parlare circa le cause genetiche [dell’omosessualità] e più o meno vent’anni fa negli Stati Uniti si parlava in continuazione di “gene gay”, o di “cervello gay”… ma nessuno studio ha dimostrato questa cosa. Infatti gli attivisti gay negli Stati Uniti non parlano più così tanto di basi biologiche o genetiche, perché nessuno studio lo ha dimostrato e ha offerto un simile riscontro. Sono molto più evidenti le cause familiari e ambientali, specialmente quella che noi chiamiamo la “classica relazione triadica” (2) costituita per il ragazzo da un padre distante, distaccato e critico, da una madre ipercoinvolta, intrusiva e talvolta dominante e da un ragazzo costituzionalmente sensibile, introspettivo e raffinato che è esposto ad un rischio maggiore di sentirsi carente nell’identità sessuale. Noi vediamo questo schema continuamente.
Noi riconosciamo che in molte persone c’è una predisposizione costituzionale all’omosessualità, ma è cosa diversa da una pre-determinazione, o da una “causa” diretta. Cioè, il ragazzo può essere costituzionalmente incline all’omosessualità, nei termini della sua costituzione passiva o delicata, e nella sua difficoltà nel creare un legame con il padre e nel sentirsi fiducioso nei confronti del mondo maschile, ma è necessaria la “classica relazione triadica” ambientale per creare un problema omosessuale a un ragazzo con questa costituzione.

Qual è la differenza tra “gay” e “omosessuale”?
E’ essenziale fare questa importante distinzione tra gay e omosessuali. Gli attivisti gay vorrebbero che noi credessimo che tutti gli omosessuali sono gay. Infatti, persino la gerarchia della Chiesa Cattolica crede che le persone omosessuali siano “gay”. Noi non crediamo che essi siano gay. La parola “gay” indica una identità socio-politica.
Omosessuale, invece, è semplicemente una descrizione di un problema psicologico, di un orientamento sessuale.
Le persone che vengono nella nostra clinica, che cercano un aiuto, hanno un problema omosessuale, ma rifiutano l’etichetta di gay. Non vogliono essere chiamati “gay” perché non si riconoscono in quella identità socio-politica e con lo stile di vita gay.

Il movimento gay è un movimento per i diritti umani?
Da un certo punto di vista lo è, è un movimento per i diritti umani, o per i diritti civili, perché tutte le persone, non importa quale sia il loro orientamento sessuale, devono godere dei loro diritti civili – comunque questo non significa che la società debba ridefinire il matrimonio; questo è un altro argomento e va oltre lo scopo di questa conversazione.
Noi crediamo che molti attivisti gay hanno usato la questione dei diritti civili o delle libertà civili come un modo per opprimere persone che stanno cercando di cambiare, persone che stanno cercando di uscire dall’omosessualità. C’è una intera popolazione di individui che sono uscite o che stanno uscendo dall’omosessualità, e questo fatto è una minaccia per gli attivisti gay, e gli attivisti gay stanno tentando di sopprimere e far passare sotto silenzio questo punto di vista, questa popolazione.

I ricercatori dicono che gli omosessuali soffrono molto. La causa di questa sofferenza è l’omosessualità o l’omofobia sociale?
Noi crediamo che ci sia della sofferenza per le persone omosessualmente orientate nella società, perché la cultura gay è minoritaria in questa società e perché gli obiettivi sociali del movimento gay costituiscono una minaccia per il corpo sociale perché i gay vogliono ridefinire il matrimonio, la natura della genitorialità, e la norma sociale fondamentale circa il sesso e il genere, perciò la società ha resistito alla normalizzazione dell’omosessualità e alla visibilità dei gay. E riconosciamo che questo sia difficile per le persone che si identificano come gay.
Comunque, ciò di cui non si parla è il disordine intrinseco nella condizione omosessuale.
Noi crediamo che l’omosessualità sia intrinsecamente disordinata (3), e contraria alla vera identità dell’individuo; e molti dei sintomi dei quali soffrono le persone gay e lesbiche non sono causate dall’omofobia sociale ma perché la condizione stessa è contraria alla loro vera natura.
Moltissimi studi mostrano che gli omosessuali sono più infelici, depressi, predisposti a tentativi di suicidio, hanno relazioni povere, sono incapaci di sostenere relazioni a lungo termine, hanno comportamenti autolesionistici e disadattati. Ma non si può semplicemente dire che tutto ciò sia causato dall’omofobia della società. In parte lo è; ma io credo che la maggior parte della sofferenza sia dovuta alla natura disordinata della stessa omosessualità – perché contrasta la nostra natura umana.

Il cambiamento è possibile?
Il cambiamento è davvero possibile. Noi vediamo sempre più individui che vogliono farsi avanti pubblicamente e dare la loro testimonianza. Cinque anni fa sarebbe stato molto difficile trovare un ex omosessuale che volesse esporsi, ma fortunatamente oggi uomini e donne che erano dichiaratamente gay e lesbiche, che vivevano lo stile di vita gay, ora vogliono discutere apertamente del loro processo di cambiamento. Molti di loro sono sposati con bambini, e gli era stato detto che non avevano altra scelta che essere gay, e che avevano un gene dell’omosessualità, e che dovevano imparare ad accettarlo, ma queste persone sono state capaci di andare a fondo nelle cause della loro attrazione verso il proprio sesso. E allora hanno scoperto che molte delle loro sofferenze erano dovute a cause emotive. E quando questi bisogni emotivi sono stati riconosciuti onestamente e soddisfatti in maniera sana, il loro desiderio omosessuale è diminuito.

Cos’è la terapia riparativa?
La terapia riparativa è un particolare tipo di psicoterapia che è applicata agli individui che vogliono superare la loro attrazione omosessuale. E’ una terapia particolare che guarda alle origini e alle cause di questa condizione, che aiuta il cliente a comprendersi, insegnandogli a capire cosa è successo nella sua infanzia, a capire gli eventi particolari che gli sono accaduti, specialmente nei termini delle relazioni con sua madre e suo padre, e ad andare oltre a tutto ciò… a sostenere il cliente nel creare quelle nuove relazioni che sono sane, che sono benefiche, e che compensano il vuoto emotivo che si è creato nel suo sviluppo.
La terapia riparativa studia davvero a fondo le tecniche che sono più efficaci nel diminuire l’omosessualità di una persona e a sviluppare il suo potenziale eterosessuale.

Quali sono le basi teoriche della terapia riparativa?
Fondamentalmente la terapia riparativa inizia, teoricamente, con la terapia psicodinamica, ossia quella che studia le forze inconsce che governano il comportamento delle persone. Dal punto di vista teorico noi crediamo che i bisogni emozionali non soddisfatti vengano espressi indirettamente sottoforma di sintomi, e nel caso dell’omosessualità come attrazione omosessuale; ma che l’omosessualità non riguardi davvero il sesso, quanto piuttosto il tentativo di acquistare soddisfazione emotiva e identificazione, completamento, attraverso il comportamento sessuale; tentativo che però non funziona, ed è questo il motivo per cui le persone vengono da noi.
Molti degli sviluppi teorici sono basati sulla teoria psicodinamica classica: noi usiamo molti concetti freudiani – come è noto, Freud (4) pensava che l’omosessualità fosse un disordine dello sviluppo, e che fosse una condizione che potesse essere soggetta a trattamento.
Anche se lo stesso Freud fu un difensore dei diritti dei gay, credeva che il trattamento dovesse essere disponibile per quelli che volevano cambiare, e noi seguiamo la stessa linea di tradizione.
Noi usiamo anche molto della “teoria dell’attaccamento” di John Bowlby (5), di quella delle relazioni oggettuali (6) e della self-psychology (7), molto popolare negli Stati Uniti. Noi lavoriamo anche con la famiglia d’origine, aiutando il paziente a comprendere le sue relazioni con la sua famiglia, il suo ruolo nella famiglia, e come il posto da lui occupato nella struttura familiare lo ha condotto al fallimento nella acquisizione del proprio genere.

Note.
(1) Il termine design, difficilmente traducibile, può essere reso con scopo, progetto, modello. Si tratta del concetto tomista di “natura”: è l’essenza in relazione alla funzione o attività della cosa.
(2) Cfr. IRVING BIEBER e coll, Omosessualità, Roma, “Il Pensiero Scientifico” Editore, 1977.
(3) Cfr. “Occorre invece precisare che la particolare inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l’inclinazione stessa deve essere considerata come oggettivamente disordinata”, Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, § 3, 01/10/1986.
(4) Sigmund Freud (1856–1939), fondatore della psicoanalisi.
(5) John Bowlby (1907–1990), psicoanalista e psichiatra infantile, sviluppò la “teoria dell’attaccamento” sul legame affettivo tra la madre e il bambino.
(6) La “teoria delle relazioni oggettuali” riguarda lo studio delle relazioni tra il soggetto e persone esterne reali, immagini e residui di relazioni con esse e del significato di esse per il funzionamento psichico. Tra i principali interpreti di questo approccio si ricordano Melanie Klein (1882 - 1960), William Ronald Dodds Fairnbairn (1889-1964) e Donald Woods Winnicott (1896-1971).
(7) Elaborata, a partire dalla psicoanalisi freudiana, da Heinz Kohut (1913–1981), la self-psychology (o psicologia del sé) individua in una inadeguata relazione bambino – adulto lo sviluppo di un sé narcisistico.

Sunday, August 02, 2009

Perché Repubblica strattona la Chiesa

Antonio Socci su Libero del 30 Luglio 2009
E’ in corso un assedio da parte di Repubblica alla Chiesa. Proponendosi come pii e austeri custodi della morale sessuale cattolica, i censori di Ezio Mauro ed Eugenio Scalfari, paladini della più rigorosa castità, anche ieri hanno “sparato” un editoriale di Adriano Prosperi (specializzato in sgangherati attacchi anticlericali) per inventarsi, nientemeno, una “Chiesa che punta il dito sulla moralità del premier”. Come loro vorrebbero.

E’ da qualche settimana infatti che va avanti questo bombardamento sulle gerarchie episcopali per ottenere da loro “una chiara parola di condanna dell’immonda spazzatura che dalla vita privata del presidente del Consiglio trabocca sul paese”. Per ora Repubblica ha ottenuto solo qualche strillo isolato, perlopiù di personalità politicizzate. Così ora cerca di amplificare e piegare alle proprie pretese qualche garbata nota di richiamo alla morale pubblica apparsa su Avvenire.

Naturalmente Repubblica ha tutto il diritto di fare la sua battaglia politica contro Berlusconi e sui fatti che gli addebitano, ma cosa c’entra la Chiesa? E cosa c’entrano loro con la Chiesa? Questo strattonamento alla Chiesa, sebbene ridicolo (perché proviene dal giornale che di solito, sulle questioni di interesse generale, pretende di zittire i vescovi in nome della laicità), va compreso bene da noi cattolici.

Infatti è molto più di un tentativo di strumentalizzazione politica della Chiesa. E’ molto più di un tentativo di trasformare i vescovi in camerieri della lobby di Repubblica per la condanna dell’odiato Berlusconi. E’ un attacco alla dottrina cattolica stessa sul tema più delicato, quello del peccato e della grazia, che è al cuore della storia cristiana.

In parole povere, da duemila anni la Chiesa, seguendo il comportamento e il comandamento di Gesù, condanna con nettezza e decisione il peccato, ma, a braccia spalancate, chiama a sé e accoglie il peccatore e fa festa per il suo ritorno. Ora Repubblica vuole spazzar via quanto Gesù ha comandato per esigere la condanna del peccatore (uno solo: Berlusconi) e l’accoglienza del peccato.

Sì, perché Repubblica è sempre stata tra gli alfieri ideologici della cosiddetta rivoluzione sessuale, della secolarizzazione dei costumi, è sempre stato il giornale che più pesantemente ha bombardato contro l’insegnamento morale della Chiesa in materia sessuale e sulle questioni limitrofe del divorzio, dell’omosessualità, dell’aborto, della contraccezione, dei sacramenti ai divorziati. Vi risulta che Repubblica, Mauro, Scalfari e compagnia abbiano mai fatto una battaglia pubblica – sul piano morale e culturale – contro la “rivoluzione sessuale”, contro l’adulterio, contro i rapporti prematrimoniali, contro il divorzio, l’aborto e la pillola? Vi risulta che abbiano mai fatto analoghe crociate per la fedeltà coniugale, per la castità, per la riscoperta della verginità?

A me no. Potrò sbagliarmi, ma non ho mai visto Scalfari e Mauro tenere conferenze di elogio per la Humanae vitae o per Santa Maria Goretti davanti a una platea di femministe (eppure quella ragazzina è una vera eroina del nostro tempo assatanato). La lobby dell’Espresso e di Repubblica è – per definizione – la portabandiera della rivoluzione radicale e “libertaria” e ha sempre coperto di sarcasmi o attacchi i pochi anticonformisti che vivevano una cultura controcorrente, che resistevano ai comandi del “nuovo potere” e gustavano una diversa percezione della vita. Ricordo quanti irridenti articoli sono toccati a noi giovani ciellini che – negli anni del sesso mordi e fuggi – imparammo, per grazia, da don Giussani a guardare le nostre ragazze con uno sguardo diverso: poetico e non da assatanati consumatori finali.

Il salotto Espresso-Repubblica ha sempre vantato come proprio merito storico quella laicizzazione che ha portato all’Italia “del divorzio e dell’aborto”, all’Italia del sesso disinvolto, all’Italia “emancipata” dal Vaticano e dalla sua “morale repressiva”. Ora si vorrebbe sapere dunque con quale criterio e quale faccia, proprio quella lobby non solo si metta a dar lezione di “morale repressiva” alla Chiesa, ma soprattutto pretenda che la Chiesa condanni il peccatore, anzi “un” peccatore, uno solo, per nome e cognome, oltretutto assolvendo il peccato. Perché non risulta che Mauro, Scalfari e compagnia chiedano la condanna dell’adulterio e del “sesso laico”, chiedono solo la condanna del loro Nemico. Insomma pretenderebbero una morale sessuale “ad personam” (dopo aver criticato le “leggi ad personam”), che valga esclusivamente per Berlusconi e non per loro o per tutti noi.

Non solo. I salotti dell’Espresso e di Repubblica, da decenni, esaltano Giovanni XXIII (un papa Roncalli che trasformano a proprio uso e consumo) perché nella “Pacem in terris” ha insegnato a distinguere tra l’errore e l’errante, tra un’ideologia sbagliata (da condannare) e gli uomini concreti con cui dialogare. Siccome in quel caso egli parlava dei comunisti a lorsignori va benone. Se invece la stessa logica si applica a Berlusconi deve essere rifiutata.

Peraltro costoro non sanno che quella distinzione fra errore ed errante che viene attribuita a papa Roncalli come se egli avesse portato una novità nella Chiesa, è in realtà una citazione che papa Giovanni fece di Pio XII, proprio di un suo testo sul comunismo (vedi Andrea Tornielli, Pio XII, pp. 496-497). Sì, quella distinzione fra ideologia comunista e uomini concreti che vi aderiscono appartiene al papa più detestato dal mondo progressista. Ed è un principio che da sempre appartiene alla Chiesa: lo si trova già nel discorso di Paolo III di inaugurazione del Concilio di Trento.

La bistrattata Chiesa, a cui oggi Repubblica imputa – incredibilmente – di essere troppo lassista sulle questioni di morale sessuale, in realtà, senza trattare nessuno da “pubblico peccatore” (perché “pubblicani e prostitute vi precedono nel Regno dei cieli”), da sempre continua – come da comandamento divino – a condannare tutti i peccati, commessi da tutti, a mostrarne la triste degradazione, a lamentare la mercificazione dell’uomo e della donna, ma ad accogliere ogni peccatore ed esortarlo a gustare la bellezza del perdono del Padre e la sua pace.

Se lorsignori si fossero degnati di ascoltarla, anziché di irriderla, si sarebbero accorti che la Chiesa, ben prima di loro e ben più profondamente, da anni – almeno dalla Humanae vitae – richiama accoratamente tutti gli uomini sul rischio di disumanizzazione della rivoluzione sessuale. Fra i pochissimi anticonformisti che applaudirono la condanna della pillola – fatta da Paolo VI – come “morte dell’amore” ci fu quel grande intellettuale ebreo della Scuola di Francoforte che era Max Horkheimer. Ripeto: Horkheimer, non Scalfari o altre editorialisti di Repubblica. Gli eventi hanno mostrato quanto profetica fu la Chiesa, quanti guasti (nelle famiglie, nella vita sociale) e quanti drammi ha prodotto quella “rivoluzione” (a cui possiamo ascrivere anche l’insorgere di nuove terribili malattie sessualmente trasmesse che hanno fatto stragi, oltre alla tragedia planetaria dell’aborto).

Non c’è una seria riflessione critica, al di fuori della Chiesa, sul mondo che quella rivoluzione ha prodotto. A Repubblica si accorgono dell’ “immoralità dei costumi” (o della sessuomania dilagante) solo se c’è da infilzare Berlusconi, perché tutti gli altri giorni dell’anno essa viene da loro chiamata laicità, progresso e libertà.

Del resto a Repubblica dicono sempre di preferire i protestanti alla Chiesa cattolica (“noi giornalisti di un certo tipo protestante”, scrisse un giorno Scalfari). Perciò i vescovi italiani possono rispondere alle seccanti pressioni di quel giornale con una stupenda battuta del “cattolico” Oscar Wilde: “La Chiesa cattolica è soltanto per i santi e per i peccatori. Per le persone rispettabili va benissimo quella anglicana”. Dunque Mauro provi a chiedere un anatema contro Berlusconi alla Chiesa anglicana. Se la trova, perché si è quasi estinta.